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Escape from Tarkov - Un survival per veri russi
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Escape from Tarkov - Un survival per veri russi

La Pasqua si avvicina e quest’anno dentro l’uovo di cioccolata invece che i soliti portachiavi (che avrebbero anche scassato i proverbiali tre quarti…), ecco a voi una nuova recensione. Questa volta mi dedico a “Escape from Tarkov”, quindi stay tuned, perché questa sarà una recensione cioccolatosa come l’uovo di cui sopra.

Siamo nel duemilaevattelappesca, in una regione non meglio specificata della zona che va tra la Jacuzia e la Kamchatka. La corporation “Terragroup” invade con tre carrarmatini, si aggiudica la vittoria (scatenando l’ira degli avversari, ma si sa, Risiko è un gioco che rovina le amicizie) e diventa il pilastro fondamentale dell’economia di Tarkov, cioè quella che sarà una città ibrida tra Shenzhen (se non ne conoscete la storia, vi invito a documentarvi, è interessante), Pripyat (della quale a raccontarvi la storia ci ha pensato la serie TV “Chernobyl”, quindi se non siete amici della carta stampata, perlomeno guardatevi questo capolavoro cinematografico) e Campobasso (perché è risaputo che il Molise non esiste). Per i gopnik tarcoviani la vita scorre felice e tranquilla, tra una bevuta di kvass in compagnia e una serata in discoteca ad ascoltare hardbass.

Musica popolare tradizionale di Tarkov

Come ogni megacorp che si rispetti (Cyberpunk docet), anche la Terragroup ha un suo corpo privato di sicurezza: la USEC. Siccome gli impiegati USEC facevano un po' la parte delle guardie davanti alla banca (cioè stavano in piedi tutto il giorno senza fare praticamente alcunché), un bel giorno il CEO di Terragroup ed altri membri del consiglio di amministrazione decidono “… famoli scopare, così… de botto, senza senso”

0:10: La decisione del consiglio di amministrazione

A questo punto penserete: “embé? Come me diventa una città problematica sta Tarkov?”. Presto detto: a causa di uno scambio di email infelice, invece di leggere “scopare”, un furbissimo addetto alla gestione di materiale esplosivo legge “scoppiare” ed ecco che il patatrac sconvolge la Russia.

Mentre c’è il caos più totale (gente che si incazza, USEC che poi alla fine non schioppano e che ammazzano impiegati della Terragroup, Maccio Capatonda che si fa crescere i capelli), ovviamente Putin si incazza e scatena le sue forze speciali segrete (BEAR) nella regione, la quale viene chiusa ermeticamente per evitare… per evitare… boh, non si capisce molto.

Non bastasse il conflitto tra i BEAR (dite la verità, i russi buoni quando mai li avete visti?) e gli USEC (che nonostante lo shitstorm continuano a proteggere gli interessi della Terragroup), in tutto questo si aggiungono individui di dubbia moralità che iniziano a girare per il territorio muniti di passamontagna e Kalashnikov e cominciano a seminare il terrore per le strade con l’obiettivo di aggiudicarsi quanto di valore rimasto nell’area. Questi “cani sciolti” verranno teneramente identificati come “scav” (abbreviazione di scavenger).

Certo, la storia raccontata da Noldor è avvincente, ma se avete voglia di vederla in formato video, vi consiglio il cortometraggio in cinque episodi di “Raid”, realizzati da Battlestate per raccontare la stessa storia con una coattaggine al pari di questo testo:

Veniamo dunque alla parte succosa della recensione (il tuorlo dell’uovo di Pasqua): l’esperienza di gioco. Prima di tutto è necessario dire che nonostante Escape from Tarkov sia un giocone già così com’è, di fatto è ancora in beta. Da anni, sia chiaro, pertanto devo considerarlo alla stregua di un gioco completato.

Tarkov fa male: già dall’acquisto terrete a bada le maledizioni a denti stretti, mentre Nikita Buyanov (Mr. Battlestate Games, per intenderci) vi sfila sti 35 pippi per la versione base (poi non voglio fare nomi, ma ci sono un paio di shopponi tra di noi che han preso la versione da ottantacinque spleuri).

Foto di Nikita felice per avervi rapinato

Foto di Nikita felice per avervi rapinato

Mentre ancora tentate di riprendervi dalla botta, verrete catapultati nella zona d’esclusione senza alcun tipo di tutorial. Per carità, sarà sempre possibile giocare offline (i vostri progressi non verranno salvati), ma non vi è assolutamente alcuna indicazione che vi accompagni da zero alla vostra prima partita seria.

Ricordatevi però che siamo in Russia e la gente qui non ha bisogno di tutorblyat. Quelli sono per gli uomini senza barba e le donne che non reggono la vodka. Così come gli spiegoni, in Russia non abbiamo bisogno né di mappine che ti indichino dove tu sia sulla mappa (usa la memoria, сука! - Shout-out al nostro fan "Spinazzolasovietico" che ci insegna il russo), né di indicatori che ti educhino della posizione dei tuoi compagni di squadra. Sarai dunque costretto ad utilizzare la comunicazione verbale e ad essere il più descrittivo possibile, specie quando rimani diviso dai compagni e vedi una testolina spuntare: a questo punto non sarà semplice cavarsela con un “vedo uno davanti a me”, perché la cosa potrebbe risultare in friendly fire.

“Eh vabbè ma che vuoi che sia”. Eh, cari miei, EFT è un gioco hardcore. Se muori, perdi tutto. TUTTO. A meno che tu non abbia speso una valanga di rubli per assicurare la tua roba e dunque aver un minimo di chance di riottenere parte del tuo equipaggiamento. Del loot non se ne parla proprio.

Quindi noi dei KotA possiamo capire quando qualcuno definisce l’esperienza di EFT paragonabile ad un pugno nelle gonadi:

 

Se poi al mix andiamo ad aggiungere un pizzico di complicazione dovuta alla quantità abnorme di proiettili diversi, armi, accessori per armi, ecc... andremo ad ottenere un videogioco davvero intimorente.

Sebbene però il gioco sia difficile e la curva di apprendimento sia parecchio ripida, esso trova in questi fatti la sua particolarità e la sua bellezza, tanto da farlo diventare una vera e propria droga (parlo dall'alto del mio livello 43). Questo simpatico fps ci propone diverse mappe di gioco, dove ci si scanna allegramente tra player (da un minimo di 5 ad un massimo di 14 per il momento - altre mappe saranno rilasciate in un futuro prossimo) USEC e BEAR (l'appartenenza ad una delle fazioni non vuol dire che all'interno di una fazione di vada d'amore e d'accordo... anzi!), ci si scanna ulteriormente con altri player che vestono i panni degli scav e... infine ci si scanna con l'intelligenza artificiale nei panni di altri scav.

"Un momento, Noldor, ma quindi si può giocare anche da scav?". Si. Essendo un gioco che non perdona, l'unico modo che avete di recuperare un minimo di roba quando siete poveri è quello di calarvi nei panni di un gopnik ed entrare in un match già iniziato per cercare di lootare il più possibile per poi riuscire ad estrarre dalla mappa, facendo attenzione ai cecchini che controllano i punti di estrazione per sniperarvi quando avete appena sospirato il vostro sollievo.

Non è finita qui. Lo spazio a vostra disposizione è limitato sia quando siete in partita, sia quando siete a riposo. Non vi è infatti permesso di tenere un numero di oggetti illimitato, ma l'inventario è suddiviso in slot che vengono occupati dagli oggetti in base alla loro grandezza. Sarete dunque costretti a limitare l'accumulazione seriale al minimo indispensabile per potervi permettere raid con un equipaggiamento decente, tenervi gli oggetti che andrete ad utilizzare per migliorare la base e craftare altri oggetti. Esatto, c'è anche una sfumatura gestionale che aggiunge ad Escape from Tarkov un'altra dimensione che tutto sommato complementa il gioco in maniera costruttiva, senza andarlo a rovinare.

Insomma, EFT è una bomba che esploderà a più riprese anche in futuro, considerando i progetti di Battlestate per le prossime versioni del gioco... E non è un caso che sia il fenomeno del momento anche su Twitch!

8Voto KotaWorld.it7Grafica7Ottimizzazione10Gameplay

 

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