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Di turni, sbudellamenti, alieni e Coree

Illustrissimi fedeli, alzo il mio calice di energy drink per brindare a Voi sopravvissuti.

Siamo al secondo mese di permanenza forzata a quello che la generazione dei milanesi imbruttiti di oggi chiama “agile working” (perché, affinché voi lo sappiate, “home-office” era stato già rimpiazzato da “smart-working”, che però non va più di moda…) e il Vostro altrettanto fedele recensore Noldor ha imparato le seguenti cose:

  1. Si finisce di lavorare di più da casa rispetto all’ufficio
  2. La permanenza in casa ti obbliga moralmente a quei “lavoretti” che hai abilmente procrastinato fino a data da destinarsi
  3. Si può vivere senza consegne a domicilio, specie se hai una moglie che se le gira male un giorno fa il ciambellone, quello dopo una torta cioccolato e fragole e quello prima la pizza

Quindi a panza piena e testa dolorante, eccomi giunto al consueto appuntamento con i consigli per gli acquisti.

Ordunque vi parlerò di nientepopodimenoche TRE titoli, i quali hanno dovuto essere testati parallelamente e a fondo per permettere alla mia ludopatia di essere soddisfatta, ai vostri portafogli di effettuare acquisti oculati e al genitore 1 e genitore 2 degli sviluppatori di videogiochi indecenti di non essere maledetti con macumbe voodoo, dopo che vi siate trovati davanti alla tastiera a dover fare i conti con un titolo che come concime avrebbe fatto meno danni.

I tre giochi dal sottoscritto testé proposti sono i relativamente nuovi “Gears Tactics”, “Troubleshooter: Abandoned Children” e “XCOM: Chimera Squad”. Chi mi conosce sa che ho il feticismo dei combattimenti a turni e tutti questi tre soddisfano la mia brama di imprecare quando mi seccano i personaggi durante il “turno avversario”. “Gears Tactics” è l’ennesimo capitolo di “Gears of War”, la cui storia si svolge in un futuro che tutti vorremmo evitare, in cui gli insetti sono diventati belli grossi a causa del cambiamento climatico (quindi per cortesia diamo retta a Greta, che non voglio morire a causa di un lombricone incazzoso o di uno scarafaggio ninja) e i baldi soldati del “COG”, coraggiosi come dei leoni – dunque appare lecito apostrofarli come COG-leoni – escono a combatterli armati di fucile ignorante con motosega incorporata (come si fa a non citare il funzionalissimo “gunblade” di Final Fantasy VIII qui???).

In pieno stile “Gears of War” anche questo “Tactics” pullula di squartamenti, sbudellamenti vari ed esecuzioni oserei dire medievali, le quali in effetti sono per molto tempo state il punto forte della serie. A parte questo, grafica e sistema di gioco sono un (bel) po’ deboli. A partire dai clic del mouse che non sono troppo precisi (non si capisce mai se l’omino vada a finire dietro una copertura dopo l’azione di movimento – e non c’è una grid dove muovere il pupazzo, ma solo un puntino che lascia il tempo che trova), il tutorial che fa acqua e non spiega alcune cose a dovere e il sistema di combattimento, forse troppo complicato e non terribilmente esaustivo allo stesso tempo. Mi soffermo poco o nulla sulla storia, che sembra procedere alla “un Pokémon appare – lo sconfiggi – vai avanti”. “Gears tactics” si fa giocare, per carità. Bella la personalizzazione delle armi e le caratterizzazioni dei personaggi (il sistema a skill ramificate non è male), ma a mio avviso nel complesso è un gioco che “meh, si poteva fare meglio”. La sensazione che ho provato giocandoci è stata quella che più o meno provo in questo preciso istante nel quale mia moglie mi ha chiesto “cosa vuoi per cena? Io mi faccio un’insalata di melone e formaggio”.

Punteggi migliori li ottiene invece “XCOM: Chimera Squad” che nonostante abbia il sentore di (e qui cito una roba letta su internet): “fate conto di entrare nella vostra camera, ma tutto è stato spostato e messo in modo diverso – ecco, questo è Chimera Squad”, anch’esso è un titolo che si lascia giocare alla grande, mantenendo l’esperienza XCOM, ma fumettizzando il tutto, mantenendo la grafica a livelli giocabili anche dai peggiori PC di Caracas e introducendo la costante delle tattiche di assalto in ambienti piuttosto ristretti. I classici titoli di XCOM presentano scenari piuttosto ampi in confronto.

La storia non è malaccio. Vestirete i panni del comandante dello squadrone Chimera, ovvero un mistone di umani, alieni, ibridi, serpenti e topi-ragno che investigheranno a colpi di fucile a pompa e di abilità psioniche la morte al grido di del sindaco della città 31, l’unico avamposto di civiltà sulla terra in cui gli umani vivono in armonia con tutto il resto della popolazione “diversa”. Unico indizio, l’attentatore urla “aiutiamoli a casa loro”. Per chi come me si è fatto tutti gli XCOM e i loro clone, “Chimera Squad” è un must, la cui difficoltà non è paragonabile agli altri capitoli della saga, ma (grazie al cielo per far comodo alle pippe colossali come me) è stata aggiustata per rendere il gioco fruibile al 99% di umani e alieni.

Sorpresona rotante invece è stato “Troubleshooter: Abandoned Children”, che nonostante la grafica da Playstation 2 e l’introduzione al gioco molto coreana in cui ci si spiega che giocheremo nei panni di un giovane ambizioso che da grande vuole fare il “troubleshooter” e che ci deflora le gonadi a colpi di “ce la farò”, “diventare un troubleshooter è tutto quello che ho sempre desiderato” ed altre frasi ad effetto, non manca di fantasia ed inserisce in un gioco a turni tutto il buono di un Final Fantasy con appena quel pizzico di “J” in “JRPG” che basta a non rovinare il prodotto finale e renderlo idolatrato solo da gente con occhi a mandorla e otaku che hanno studiato il giapponese all’università per poi finire a lavorare da McDonald’s (con tutto il rispetto per i lavoratori di McDonald’s, che a me il cheesu burguru watashi wa sore ga sukidesu).

In ogni caso, la Corea si rivela in tutto il suo splendore a colori brillanti e saturi in quest’opera digitale in cui bastonate si alternano a calci infuocati e raggi laser. Il sistema di gioco è intricatamente complesso, ma tutto sommato accattivante per un’esperienza di gioco piuttosto longeva (e un tantino ripetitiva, c’è da dirlo). Insomma ancora una volta il bene vince sul male e il gioco indie mi batte il tripla A a mani basse. Kim Jong Un ne sarebbe felice. Ma è morto. Ah, mi dicono dalla regia che poi non è morto. E che non è “quella” la Corea di cui sto parlando. E vabbè ma sto poro Kim qualcosa de decente lo farà invece che tirà solo missili nell’acqua, no? D’altronde pure qualcun altro aveva bonificato le paludi pontine!

Detto ciò io vi saluto, vi invito a guardare qualcuno dei miei stream (che nel frattempo ho ripreso su Twich come Noldor130884) e mi vado a mangiare i bastoncini dell’unico Capitano degno di questo nome. Che a me l’insalata di melone col formaggio zenzen kiniiranai.

 

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