In principio vi fu Techland, poi fu il tempo di Yager Development, giunse poi Sumo Digital e infine Dambuster Studios. A partire dal 2012, anno di inizio dei lavori, ben tre studi sono andati persi nel vortice del development hell che ha interessato Dead Island 2, terzo capitolo della saga di Dead Island, risalente all'ormai lontano 2011. E così, invece di uscire come previsto nel 2015, il titolo ha continuato a slittare e a passare di mano, come una patata bollente, convincendo molti che sarebbe, presto o tardi, scomparso nel vaporware. Eppure, a volte i miracoli accadono, e lo scorso 21 aprile Dambuster Studios e Deepsilver sono finalmente riusciti a portare ai giocatori il titolo che attendevano da una decina d'anni, non male eh?
Welcome to HELL-A
15 anni dopo e a più di 10.000km di distanza dall'isola di Banoi un aereo sta precipitando.
Si tratta dell'ultimo volo di evacuazione da Los Angeles (chiamata HELL-A dai suoi fortunati abitanti superstiti), città americana finita in lockdown per un outbreak virale che sta trasformando i cittadini in zombie assetati di sangue...tutto da protocollo. All'interno del volo ci sono, manco a dirlo, i sei potenziali protagonisti della nostra avventura, che potremo selezionare con calma mentre il terreno si avvicina alla fusoliera con una velocità preoccupante.
Chi sceglierete tra Bruno, Carla, Dani, Ryan, Amy o Jacob non cambierà sostanzialmente gli eventi della trama principale, ma inciderà (lievemente peraltro) sullo stile di gioco, permettendovi di avere abilità passive di variabile utilità tra i membri del cast; inoltre abbiamo notato che parlando con gli altri NPC, cosa che avviene sia durante le cut-scenes di rito (rigorosamente in prima persona) sia mentre esploriamo la città, ci sono alcune linee di dialogo specifiche per ciascun survivor. Una piccolezza, ma che abbiamo davvero apprezzato.
Insomma dov'eravamo? Ah si, l'aereo si schianta rovinosamente ma indovina indovina? Il vostro Slayer è miracolosamente sopravvissuto. Purtroppo però, nell'aiutare altri superstiti, tra cui la celebre attrice Emma Jaunt e il suo leccapiedi, veniamo morsi da uno zombie. La visione si fa sfocata, i movimenti scoordinati, crolliamo a terra, fade to black e....CUT. Fine del film.
Ah no, si continua? Aaaaah giuuuusto, quella roba dell'immunità, già già, me lo scordo sempre, scusate. Insomma si scopre che, contro ogni clichè (cough cough), il nostro protagonista è immune al virus e non si trasforma. Diventerà quindi sua priorità riuscire a raggiungere il Dr. Reuben Reed dall'altra parte di Los Angeles per riuscire a ottenere un vaccino dai suoi preziosi anticorpi, così da debellare l'epidemia. Più semplice a dirsi che a farsi visto che la strada da Beverly Hills a Santa Monica è lunga e infestata da qualsivoglia tipo di zombie.
La nostra avventura si dipana dunque lungo 24 missioni primarie e molte altre secondarie. Completando il titolo, portando a termine qualche missione secondaria e dandoci abbastanza dentro con l'esplorazione, il nostro cronometro di gioco si è fermato poco prima dello scoccare delle 20 ore di gioco. È comunque scontato che coloro che vorranno completare ogni singolo incarico e esplorare ogni anfratto di HELL-A potranno vedere questo numero aumentare a dismisura.
Senza dimenticare della componente coop, che vi permetterà di giocare con altri due amici e uccidere zombie in compagnia, perchè non c'è niente che cementa di più un'amicizia che smembrare esseri umani la cui unica colpa è essere stati infettati da un virus a fianco del proprio amico del cuore. Ah, c'è solo un piccolissimo problema: avete presente il sistema di coop drop-in drop-out dove un amico può comodamente joinare la vostra partita in qualsiasi momento e unirsi a voi nella carneficina? Ecco dimenticatevelo: forse è uno dei refusi del lungo e travagliato sviluppo di Dead Island 2, ma il gioco permette di giocare insieme solo se si comincia il gioco insieme e lo si prosegue insieme...alla faccia della libertà.
In ogni caso, abbiamo apprezzato i toni trash-comedy su cui si è basata la narrazione, che fa di tutto per non prendersi sul serio, inserendo quanti più clichè del genere possibili. Una campagna che parte col botto, diverte e intriga per poi rallentare bruscamente intorno alla metà del gioco, finendo per trascinarsi, forse un po' stancamente, verso un finale che, lasciatecelo dire, ci ha lasciato decisamente con l'amaro in bocca (seppur ampiamente coerente con lo stile narrativo mantenuto durante tutto il viaggio). Ecco perchè, nonostante sia un amante degli zombie-games e ne apprezzi "ciecamente" pregi e difetti, non posso dar torto alle critiche di eccessiva ripetitività, specie per quanto riguarda il contenuto delle missioni, da parte di molti altri giocatori e critici.
"I'm not in danger Skyler, I am the danger"
Veniamo dunque alla parte più succosa e sanguinosa di Dead Island 2: il gameplay. Il lavoro fatto da Dambuster Studios è sicuramente certosino, intelligente e riuscito. Forse non particolarmente innovativo, ma innegabilmente riuscito. In un gioco dove per il 90% del tempo ti devi occupare di smaltire cadaveri semoventi devi assicurarti che farlo sia il più possibile soddisfacente e soprattutto divertente. E se Dead Island 2 anche solo per questioni anagrafiche è figlio di altri tempi (videoludici), mette comunque in mostra un sistema di smembramento degli zombie (il famigerato FLESH system) che riteniamo essere lo stato dell'arte per quanto riguarda il realismo gore in un videogioco. Picchiare e maciullare gli zombie è una goduria (per noi, non certo per loro) e vederli reagire in maniera sempre diversa ai nostri colpi e alle ferite inflitte con armi diverse permette di allungare discretamente il già citato punto di insorgenza della noia. Ma aspettate, torniamo un attimo indietro.
Come in ogni action-RPG che si rispetti, il nostro personaggio all'inizio sarà decisamente debole e facile preda anche degli zombie più comuni: si nota, almeno inizialmente, una difficoltà abbastanza punitiva, soprattutto se si viene sopraffatti da più zombie contemporaneamente, il che porterà a un gameover quasi sicuro. Benchè non vi siano mai quantità eccessive di non morti a schermo (e le prestazioni ringraziano), il gioco riesce con espedienti intelligenti a farci sentire sempre circondati, con tanto di zombie che arriveranno ad invadere pericolosamente il nostro spazio vitale, solo per poi ritrovarsi la tempia sbriciolata da una martellata in men che non si dica.
Uccidendo non morti ma soprattutto completando missioni, il nostro alter-ego guadagnerà punti EXP che lo faranno salire di livello, permettendogli di ottenere armamenti sempre più forti saccheggiando edifici e quant'altro nonchè sbloccare carte abilità. Ora, questa nuova tendenza di voler inserire le carte in ogni videogioco mi ha personalmente un po' stancato, sta di fatto che in Dead Island 2 il team britannico non ha voluto strafare e l'impatto delle carte abilità che equipaggerete sarà tutto sommato modesto, mettendo ancora più in dubbio l'effettiva necessità di implementare questo sistema.
Ciò che invece viene mantenuto dal precedente capitolo è il sistema di crafting, che permette di rinforzare e potenziare qualsiasi arma con modifiche che si basano sostanzialmente sui vari elementi (fuoco, elettricità, acido e lacerazione). Il gioco è molto generoso sia per quanto riguarda la quantità di armi che vi verranno letteralmente lanciate dietro, sia per quanto riguarda la loro durabilità (non mi è mai capitato di romperne una per il troppo utilizzo...capito Link?).
L'introduzione verso metà gioco delle armi da fuoco cambia ancora di più le carte in tavola, rendendoci una vera e propria macchina macina zombie inarrestabile. E proprio quando sentiremo di aver raggiunto l'apice della nostra letalità, fa ritorno lei, la "rage" mode, che ci permette di trasformarci temporaneamente in un ibrido uomo-zombie furente in grado letteralmente di smontare i non morti disgraziati che ci capiteranno a tiro come fossero costruzione fatte di mattoncini Lego.
Torniamo quindi al FLESH system, il sistema di gore impiegato da Dambuster che rappresenta forse l'unico elemento realmente next-gen di questo titolo: pensate al primo Dying Light e miglioratelo 100 volte, avrete il livello di distruttibilità anatomica raggiungibile in Dead Island 2. Le armi da taglio infliggono ferite lacero-contuse alle carni, espongono i visceri, amputano più o meno nettamente gli arti; le armi contundenti creano fratture, frantumano crani, dislocano mandibole. L'utilizzo dei pericoli ambientali ci permette di dare fuoco agli zombie incendiando taniche di benzina, folgorarli esponendoli a cavi della corrente mozzati (meglio se coadiuvati dalla presenza di pozze d'acqua), liquefare le loro putride carni grazie a armi biologiche militari. C'è una missione, proprio a inizio gioco, in cui la piscina di un hotel di lusso è stata completamente riempita da una sostanza acida in grado di dissolvere i corpi dei deceduti, ebbene per eliminare gli zombie presenti nella zona è bastato correre in tondo lungo il bordo della piscina e vederli cadere dentro uno a uno per liquefarsi nel nulla.
Se la varietà di zombie speciali è in linea con altri titoli del genere, Dead Island 2 pecca sicuramente dal punto di vista delle boss fight che, molto spesso, non solo altro che l'introduzione a una nuova variante di zombie speciale che poi potremo trovare comunemente da qui in avanti. Fa eccezione la prima boss fight all'hotel, credo di non aver mai riso così tanto da molti anni giocando a un videogame.
Una parola di elogio per un'altra scelta di Dambuster, forse un po' retrò, ma che sicuramente ha giovato all'esperienza di gioco complessiva del suo prodotto: Dead Island 2 non è un vero e proprio open world ma, come il suo predecessore del 2011, è suddiviso in macro-aree tra le quali ci si può spostare tramite un breve caricamento. Questa scelta, estremamente intelligente a nostro parere, fa un taglio netto con il presente panorama videoludico, costellato di open world tutti uguali, inutilmente enormi e perlopiù vuoti (vero Redfall?). La riduzione di "campo" di gioco effettuata dal team britannico permette di mantenere il ritmo sempre alto, visto che c'è sempre qualcosa da uccidere o esplorare, nonchè ridurre al minimo il tempo necessario agli spostamenti per raggiungere l'obiettivo della missione. È proprio vero che a volte less is more.
Tecnicamente parlando
Abbiamo testato Dead Island 2 sulla seguente configurazione:
AMD Ryzen 7 3700x @ 3.60 GHz
Gigabyte RTX AORUS Master 3080 Ti 12Gb
Corsair Vengeance RGB RT 32GB DDR4 3600MHz
Monitor LG 34GN850 a risoluzione 3440x1440 (21:9)
Dobbiamo ammetterlo, eravamo un po' titubanti: dopo anni di development hell e numerosi avvicendamenti di team era facile che il risultato finale facesse alquanto desiderare. Dambuster Studios, invece, ci fa una graditissima sorpresa regalandoci un titolo non solo bello da vedere, ma che gira anche in maniera più che onesta. I flop tecnici dei big AAA ultimamente ci avevano fatto parecchio preoccupare sulla qualità futura del PC gaming, ma questa volta bisogna dare a Cesare ciò che è di Cesare. Dead Island 2 sarà pur sempre nell'anima un gioco old-gen, ma almeno all'apparenza si difende grazie ad un level design estremamente interessante e con scelte di location azzeccatissime, un livello di realismo nello smembramento degli zombi che è niente meno che spaccamascella e scelte di game design quasi sempre sul pezzo seppur non proprio innovative.
Certo non sono mancati cali di frame, un paio di crash e qualche buffo bug e compenetrazione, ma alla fine fa parte del gioco e non disturba eccessivamente l'esperienza ludica complessiva. Complimenti anche al comparto sonoro, eccellente in ogni sua forma (la canzone con cui veniamo accolti nel trailer iniziale è finita dritta dritta in playlist Spotify), con forse solo qualche incertezza nel doppiaggio di alcuni personaggi secondari.
In conclusione
Avevamo temuto di averlo perso e invece Dambuster e Deep Silver hanno mantenuto la promessa nonchè le aspettative. Dead Island 2 è in tutto e per tutto ciò che un gioco di zombie deve incarnare: splatter, irriverenza e umorismo nero. Un titolo che non si prende mai troppo sul serio e sa sfruttare i clichè del genere a suo favore, perdendosi un po' purtroppo avvicinandosi al finale. La varietà di modi in cui malmenare gli zombie rappresenta forse il punto più alto raggiunto finora da un gore system e il feedback che si ha è positivo per tutta la durata del gioco. Ad una buona varietà di nemici si oppone un lavoro un po' "pigro" per quanto riguarda le boss fight e gli obiettivi delle missioni che, alla lunga, possono stancare chi, a differenza del sottoscritto, non prova un amore viscerale per qualsiasi cosa riguardi gli zombie. Che dire, dopo aver visto il finale...non fateci aspettare altri 10 anni per il sequel!
8.2Voto KotaWorld.it8Grafica8.5Gameplay8Ottimizzazione