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Microtransazioni: croce e delizia del gaming moderno

Microtransazioni: croce e delizia del gaming moderno

Uno degli aspetti più controversi del mondo gaming, da qualche anno a questa parte, sono le microtransazioni.

Per microtransazione si intende, Wikipedia docet, l'acquisto di beni digitali tramite l'esborso, sempre digitale, di piccole quantità di denaro. Un esempio molto pratico sono le skin, vendute ormai nella stragrande maggioranza dei giochi, multiplayer e non, che non offrono nessun vantaggio a livello competitivo ma abbelliscono, se vogliamo, l'aspetto estetico del nostro avatar virtuale. Già, perchè in altri giochi, invece, l'aspetto competitivo viene intaccato eccome: i cosiddetti giochi "pay-to-win" sono infatti quelli dove, grazie all'esborso di denaro, l'èlite di giocatori paganti ha inevitabilmente il sopravvento su chi invece tiene ben chiuso il suo portafogli.

Parliamo di èlite perchè, secondo un'analisi di Flurry, compagnia americana che studia il comportamento degli utenti di App per smartphone, il numero di gamers che fa uso di microtransazioni spazia dallo 0.5% al 6% dell'utenza totale: sono le cosiddette "Whales", le balene, giocatori che arrivano a spendere cifre folli solo per primeggiare nel loro mondo virtuale preferito. Ed è proprio su questi individui che le microtransazioni (che d'ora in poi abbrevieremo in MTX) fanno leva, e sebbene siano un numero relativamente esiguo, bastano e avanzano affinchè le MTX vengano considerate il business model più remunerativo attualmente, basti pensare che nel 2013 il 92% dei profitti su App Store e Play Store venivano da giochi che facevano uso di MTX, non un caso.

Spesso infatti a offrire le microtransazioni sono i giochi "free-to-play" i quali permettono di scaricare e giocare al titolo senza costo alcuno ma, per ottenere determinati vantaggi, cosmetici e non, bisogna pagare. Le MTX per questo tipo di giochi sono fondamentali e francamente inevitabili poichè sono la principale entrata di denaro per gli sviluppatori e, di conseguenza, il publisher. Il problema si pone invece quando le microtransazioni invadono anche i giochi per i quali l'esborso di denaro per l'acquisto già c'è stato, ma comunque all'interno del titolo troveremo contenuti ottenibili soltanto spendendo altri soldi, dalle semplici skin fino ad intere missioni o campagne.

Ma torniamo un po' indietro nel tempo: quando sono nate le MTX?

Dobbiamo tornare all'ormai lontano 2001 quando un azienda finlandese, Sulake, aprì le porte del suo Habbo Hotel, un hotel virtuale in cui gli utenti potevano creare il proprio avatar tramite il quale interagire con gli altri utenti. Ciascuno di noi poteva comprare vestiti alla moda, abbonarsi all'Habbo Club, un club esclusivo che forniva mensilmente bonus e ricompense in-game, e infine creare una o più stanze personali all'interno dell'hotel e arredarle tramite i "furni", la mobilia venduta nel Negozio di Habbo Hotel. Per fare tutto ciò era necessario acquistare valuta da spendere nel mondo di gioco utilizzando soldi veri. Stessa cosa si ha, un paio di anni dopo, con Second-Life, il simulatore di vita virtuale di Linden Labs. Entrambi sono vivi e popolati ancora oggi, ed entrambi presentano una delle fondamentali caratteristiche del business model fondato su MTX: il distacco dal denaro reale.

Nel momento in cui acquistiamo valuta di gioco, perdiamo il senso della valuta stessa, basti pensare al fatto che quando andiamo all'estero risulta più difficile valutare se un oggetto viene venduto a un prezzo onesto o meno. Ecco che quindi acquistare skin tramite diamanti o crediti che siano ci fa spendere più soldi di quanti crediamo di spenderne, o meglio, di quanti crediamo sia giusto spenderne.

Un ulteriore problema che si crea in questo modo è anche dato dal fatto che l'acquisto di valuta virtuale viene fatta in forma di "pacchetti" di diverso taglio. Esistono pacchetti da pochi centesimi, qualche manciata di euro, fino addirittura a centinaia di euro, cosicchè le MTX di micro hanno ben poco rimasto. Ma c'è di più. Recentemente ha scatenato abbastanza critiche e insofferenze l'uscita infelice su Reddit di uno sviluppatore di Apex Legends, battle-royale di Respawn Entertainment, che definiva i giocatori che criticavano le MTX nel gioco "freeloaders", che in italiano possiamo tradurre con "parassiti" o, più elegantemente, "approfittatori". Il problema sottolineato dai giocatori, però, non stava tanto nella presenza di MTX, quanto nel loro prezzo spropositato e, soprattutto, nella "curiosa" scelta dei prezzi dei pacchetti di Apex Coin (la valuta di gioco) rispetto ai prezzi scelti per gli oggetti acquistabili.

Come possiamo vedere dalle immagini soprastanti, la maggior parte degli oggetti vengono venduti a prezzi di poco inferiori ai blocchi di crediti acquistabili, di conseguenza una skin da 1800 coins obbliga l'acquirente a comprare un pacchetto da 2000 coins, spendendo 20€, e rimanendo con 200 coins che sono sostanzialmente inutili per qualsiasi acquisto. Ovviamente il succitato problema non si presenta solo in Apex, qui utilizzato solo come esempio, ma è una vera e propria costante ormai.

Torniamo ora a dove eravamo rimasti.

Successivamente il fenomeno si è espanso da prima a Farmville, famoso gioco gestionale di Facebook, molto in voga a fine anni 2000; poi ai giochi mobile. Qui la MTX assume una forma ancora più diversa (e perversa): giochi gestionali o simil-gestionali come Farmville o il celebre Clash Of Clans, prevedono tempi di attesa per raccogliere risorse o costruire nuovi edifici. Inizialmente questi tempi sono molto brevi, così da rendere il gioco rapido, appassionante, e catturare il giocatore. Ben presto però, i tempi si allungano, e il gioco si riduce sostanzialmente a brevi sessioni di gioco inframmezzate da interminabili attese per progredire nella costruzione del proprio villaggio/fattoria. Ecco che pagando, puoi ridurre i tempi di attesa, progredire più velocemente e giocare di più. La frustrazione del non giocare o riuscire a progredire in tempi ragionevoli, spinge inevitabilmente ad aprire il portafogli e pagare per soddisfare il proprio desiderio: rilascio di dopamina, benessere, neurofisiologia 101.

Arriviamo infine ai giorni nostri, in cui i Game As A Service la fanno da padrone. Il Game As A Service (GAAS) è un modello di distribuzione e monetizzazione di un videogioco che viene sviluppato e ingrandito nel tempo tramite rilascio di nuovi contenuti per spingere i giocatori a giocare nel tempo e spendere dunque denaro. Questo business model si oppone al classico Game As A Product, in cui l'utente paga per ottenere la licenza d'utilizzo del bene, ovvero il videogioco. Giochi come il celebre Fortnite, League of Legends e il più recente Apex Legends fanno tutti parte della prima categoria. La distribuzione gratuita del titolo fa si che attorno al gioco si crei una community costituita da milioni di giocatori. Ciò è ovviamente necessario perchè, se abbiamo detto che spesso non più del 6% dei giocatori spende denaro in MTX, è necessario che la playerbase sia più ampia possibile, così da rendere sempre più persone dei potenziali consumatori.

Critiche e controversie

Se fin qui abbiamo parlato di giochi free-to-play, quindi giochi che hanno come unica possibilità di entrata le MTX, purtroppo negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di spaventosi ibridi, dei veri e propri aborti, che hanno scatenato nuovamente critiche più o meno feroci verso questo business model.

La più recente controversia ha visto protagonista, immancabilmente, Electronic Arts, azienda sicuramente non nota per l'essere consumer-friendly, e il suo Star Wars Battlefront II. Il secondo capitolo della saga Star Wars Battlefront prevedeva l'acquisto, tramite valuta reale, di famigerati "lootbox" contenenti oggetti e abilità che sarebbero andati ad alterare l'uguaglianza tra i giocatori sul campo di battaglia. Non stiamo parlando di skin o altri dettagli estetici, ma di veri e propri upgrade per armi o abilità che avrebbero determinato un vantaggio non indifferente per i giocatori doppiamente paganti. Doppiamente, si, perchè il gioco era tutt'altro che free-to-play, ma necessitava dei classici 69.99€ per essere avviato. Alcuni giocatori arrivarono a calcolare che potessero essere necessarie 48 ore di gioco per sbloccare un personaggio iconico come Luke Skywalker. La conseguente valanga di critiche con cui EA è stata travolta ha convinto l'azienda a rivedere il business model per Battlefront II e rimuovere le MTX poco tempo prima dell'uscita ma, ormai, la frittata era fatta, e le vendite del titolo sono state nettamente più basse del previsto.

Quello dei "Lootbox", o "surprise mechanics" secondo EA, è sicuramente uno dei capitoli più neri in tutta la storia delle MTX, un vero e proprio balzo dei videogiochi nel mondo del gioco d'azzardo. Al contrario di quello che finora erano state le MTX (pago per avere X), con le "lootbox" il meccanismo diventa: pago per avere LA POSSIBILITA' di avere X. Più un oggetto è raro, meno possibilità ho di ottenerlo, più devo spendere per riuscire ad accaparrarmelo. Spesa, delusione, dopamine craving (ossia ricerca del benessere), ulteriore spesa, ulteriore probabile delusione e così via, in un circolo infernale che non ha nulla da invidiare alla ludopatia.

Diversamente, titoli come Overwatch, FPS a squadre sviluppato da Blizzard, propongono lootbox contenenti skin o oggetti estetici, che non vanno ad alterare in nessun modo il gameplay, che rimane puramente skillbased. Se da un lato questo tipo di lootbox è sicuramente più ben visto rispetto a quello di cui abbiamo parlato prima, dall'altro rimane sempre l'amaro in bocca quando publisher milionari oltre a richiedere un prezzo d'acquisto per il gioco standard, richiedono ulteriore denaro per oggetti del tutto opzionali, vero, ma che sarebbero potuti essere altresì sbloccati in-game tramite particolari sfide e achievement.

Come possiamo vedere da questo grafico la community ha riguardo ha opinioni molto contrastanti ma, generalmente, le MTX cosmetiche vengono tollerate, anche se implementate in titoli non free-to-play, proprio perchè opzionali.

Ciò che non viene considerato, però, è il fatto che le MTX hanno un impatto psicologico su persone più sensibili e, specialmente, sui bambini, non indifferente. Secondo uno studio britannico di Parent Zone, circa il 95% dei bambini tra i 10 e i 16 anni gioca ai videogiochi. Uno dei giochi di gran lunga più popolari tra i più piccoli, ma non solo, è sicuramente Fortnite.

Il battle-royale di Epic Games ha raggiunto livelli di popolarità mai raggiunti prima da un videogioco e, proprio per questo, è uno dei titoli più giocati anche dai bambini in questa fascia d'età. Sebbene circa il 76% dei piccoli protagonisti dello studio riconoscesse le MTX come un qualcosa destinato solo a svuotare i loro portafogli (o meglio, quelli dei genitori), oltre la metà di loro ha riconosciuto come necessario l'acquisto di skin per divertirsi giocando. Riguardo ai lootbox, il 91% di loro gioca titoli in cui essi sono presenti e circa il 40% di essi ha comprato lootbox almeno una volta.

Stiamo parlando di soggetti minorenni, che con estrema probabilità non percepiscono uno stipendio, e che vengono messi di fronte a meccaniche tipiche del gioco d'azzardo, normalmente vietato ai minorenni proprio per l'estremo rischio di dipendenza da esse creato. Facciamo un esempio: prendiamo il Natale, passasto giusto da pochi giorni. Quanti di voi, da bambini, hanno passato la notte di Natale insonni, scalpitando per fiondarsi sotto l'albero e scartare gli enormi pacchi regalo lasciati da Babbo Natale? Ecco, questo avviene nei bambini di oggi aprendo i lootbox. Il tutto è inoltre incrementato dalla competizione che si crea tra amici, quando uno di essi trova magari qualcosa di raro, scatenando l'invidia del gruppo: la cosiddetta peer pressure, o pressione sociale.

Molto spesso inoltre, nonostante le skin siano oggetti puramente estetici, vengono erroneamente considerate come simboli di bravura nel gioco. Ecco che molti ragazzi si sentono "obbligati" a cercare di ottenere skin più rare proprio per simboleggiare la propria dedizione e skill in quel particolare gioco. Non aiuta in tutto questo purtroppo l'esempio di Youtubers e Streamers, veri e propri idoli moderni, sempre attrezzati con gli oggetti estetici più rari e ricercati. Quello dei lootbox diventa quindi un gioco d'azzardo all'interno del gioco stesso, un gioco nel gioco, e ciò è testimoniato, ancora una volta, dalle serie di "video unboxing" realizzate dai sopracitati Youtubers, in cui vengono spese cifre allucinanti nell'apertura di centinaia e centinaia di lootbox.

Legislazione

La recente controversia riguardante SW Battlefront II e l'incredibile ascesa al successo di Fortnite ha sicuramente attirato l'attenzione di enti governativi e legislativi sulla questione MTX. Esemplare la scelta di Belgio e Paesi Bassi che nell'aprile 2018 hanno ufficialmente proibito la presenza di microtransazioni e lootbox in giochi la cui uscita è prevista nei loro territori. Per essere venduto in Belgio, un gioco deve essere completamente privato di qualsivoglia tipo di MTX, che vengono considerate dal legislatore belga al pari del gioco d'azzardo. Pena per la violazione di queste leggi? Fino a 800.000 euro di multa e fino a 5 anni di reclusione. Piccola curiosità: mentre la maggior parte dei publisher ha accettato i dettami del governo belga, EA si è inizialmente rifiutata, sostenendo che le MTX non si configurano assolutamente come gioco d'azzardo.

Alla fine, però, ha dovuto capitolare anche lei.

 

 

 

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