UNYIELDER, creato da TrueWorld Studios sotto l’etichetta di Shueisha Games, si propone come un boss rush FPS che mette al centro il puro istinto: movimento frenetico, riflessi fulminei, adrenalina pura, il tutto incanalato in un’arena esplosiva, dove ogni battaglia è un confronto diretto con entità più grandi e roboanti di noi. L’intento è chiaro: trasformare ogni scontro in un climax di ritmo e potenza, una danza balistica che alterna parry millimetrici a raffiche di fuoco. Sulla carta, il progetto avrebbe tutti gli elementi per conquistare gli amanti del genere, eppure, come un corridore che inciampa sulla propria ombra, UNYIELDER fatica a tenere il passo delle sue ambizioni. La sua corsa verso la frenesia totale lo porta spesso a perdere direzione e ritmo, rivelando crepe profonde proprio là dove avrebbe dovuto brillare di più.
E' intelligente ma non si applica
Le prime ore di UNYIELDER colpiscono nel segno. Le armi hanno un feedback potente, il design è aggressivo al punto giusto e il ritmo sembra quello giusto per un titolo che vuole farci sentire onnipotenti e vulnerabili al tempo stesso. È un “boomer looter shooter” che mescola l’estetica muscolare di DOOM Eternal con la tensione coreografica di Furi e l’imprevedibilità roguelike di Risk of Rain. Tutto sembra muoversi alla velocità giusta, con quella frenesia controllata che promette ore di sfide spettacolari. Poi, però, la magia si spezza. Bastano pochi scontri per accorgersi che la struttura di gioco, sotto la superficie esaltante, è terribilmente rigida. Ogni boss segue lo stesso copione: attendere l’attacco parabile, rispondere con un colpo, infliggere danno nella finestra di vulnerabilità, e ripetere. È una danza che, inizialmente, può anche affascinare, ma dopo il terzo o quarto duello, si trasforma in routine.

Le differenze tra i boss sono più estetiche che sostanziali: cambiano le armi, cambiano le animazioni, ma il ritmo resta sempre identico. Anche i tentativi di sorprendere il giocatore con nuovi pattern o telegraph diversi finiscono per ricadere nello stesso schema, fino a rendere ogni battaglia una questione di attesa più che di abilità. Il risultato è un sistema che, pur partendo da un concetto potente, soffoca la sua stessa intensità nel ripetersi meccanico di una formula troppo prevedibile. In un genere dove il flusso, l’improvvisazione e la reattività dovrebbero essere al centro, UNYIELDER finisce per farti sentire più spettatore che protagonista, intrappolato in un ciclo di contrattacchi ben calcolati e attese.
Spazio insufficiente
Se c’è un pilastro su cui UNYIELDER vuole costruire la propria identità, è il movimento. Scatti, doppi salti, scivolate, air-dash e parate istintive: ogni azione è concepita per restituire la sensazione di dominio totale sullo spazio. Il giocatore dovrebbe sentirsi una furia inarrestabile, un proiettile umano che danza tra esplosioni e fendenti con precisione chirurgica. Il problema è che lo spazio, in UNYIELDER, non esiste davvero. Le arene sono piccole, soffocanti, disseminate di detriti, pilastri, tubature e frammenti di geometria che interrompono costantemente il flusso. Dove ci si aspetterebbe di scivolare come su una pista perfettamente levigata, ci si ritrova a rimbalzare contro muri invisibili o a rimanere incastrati in una sporgenza mal posizionata. Ogni ostacolo toglie slancio a un gameplay che dovrebbe vivere di ritmo e continuità, spezzando l’adrenalina in una sequenza di inciampi e correzioni di traiettoria.

Il paradosso è evidente: UNYIELDER ti spinge a muoverti come se fossi un fulmine, ma ti infila in gabbie troppo anguste per farlo davvero. È come guidare una supercar su una strada di periferia: il motore ringhia, ma non puoi mai superare la seconda. E quando finalmente arriva il Legendary Boss, la beffa si trasforma in farsa. La piattaforma è minuscola, bastano un paio di schivate laterali per precipitare nel vuoto e perdere metà della salute. L’epicità che il gioco tenta disperatamente di evocare si dissolve in frustrazione, perché invece di sentirti un eroe in un’arena, ti ritrovi ad essere un acrobata imprigionato in un cubicolo.
Everything everywhere all at once
UNYIELDER è un gioco pieno di energia, e questo è innegabile. Ogni suo aspetto trasuda entusiasmo, quasi l’urgenza di voler dire e fare tutto insieme: movimento da arena shooter, progressione da roguelite, scontri da boss rush, estetica da boomer shooter. Ma a furia di stratificare sistemi, TrueWorld Studios sembra aver perso di vista il quadro generale. Il risultato è un titolo ambizioso, sì, ma disordinato e incoerente, che fatica a trovare un’identità chiara.

Il sistema di potenziamenti ne è l’emblema: poco intuitivo, poco appagante, e spesso perfino punitivo. I perk e le modifiche alle armi promettono varietà, ma nella pratica si traducono in buff impercettibili o in malus così pesanti da scoraggiare qualsiasi sperimentazione. La progressione, invece di stimolare, frena. Ogni run si apre con l’illusione di libertà e finisce in una sensazione di déjà vu, come se si stesse girando in tondo dentro una struttura che cambia forma ma non sostanza. Le informazioni in-game, poi, sono un labirinto. Terminologie criptiche, icone senza spiegazione, effetti che vanno scoperti per tentativi: un esercizio di frustrazione più che di curiosità. Persino la lore, che pure affascina, con i suoi echi da epopea postumana e le sfumature mistiche, rimane sepolta sotto una cripticità che scoraggia l’esplorazione e una narrazione frammentata che non trova mai un ritmo coerente.
E quando finalmente si prova l’“endless mode”, sbandierata come contenuto di punta, si resta di nuovo spiazzati: boss di fine gioco appaiono come primi avversari, il bilanciamento è inesistente, e la progressione si azzera nel caos. È un’aggiunta che, più che ampliare l’esperienza, la svuota di senso, trasformando la sfida in una roulette di frustrazioni casuali.
UNYIELDER ha tante idee, troppe forse, ma nessuna che riesca davvero a legarle.
In conclusione
UNYIELDER è un esperimento ambizioso che inciampa sul proprio entusiasmo. Ha lo stile, ha l’energia, ma non ha ancora il controllo. È un gioco che ti invita a non arrenderti, e invece, dopo qualche ora, ti arrendi eccome. Alto potenziale, scarsa resa.

5.7Voto KotaWorld.it6.5Grafica5.5Gameplay5Ottimizzazione





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