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Lost in Random: The Eternal Die - Un salto nel roguelike, la Recensione (PC)
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Lost in Random: The Eternal Die - Un salto nel roguelike, la Recensione (PC)

 

Lost in Random: The Eternal Die è il classico esempio di sequel che cambia pelle per sopravvivere. O, almeno, per tentare di non finire nel dimenticatoio. Quattro anni dopo il primo, apprezzato capitolo, Stormteller Games ci fa tornare nell’universo bizzarro, gotico e cartoonesco ispirato a Tim Burton, ma con un volto diverso e una nuova regina: Aleksandra, figura secondaria del passato che ora si prende la scena con una vendetta da compiere e un dado nero da cui fuggire. Eppure, qualcosa del fascino originale è andato perso lungo la strada.

 

 

Back in Random

 

Lost in Random: The Eternal Die abbandona la struttura adventure con tocchi RPG del predecessore per abbracciare con convinzione il genere roguelike. Niente più avanzamento lineare, niente più narrazione cadenzata: qui si muore, si ricomincia, si potenzia, si ritenta. E si combatte, tanto. Una scelta coraggiosa, che rischia però di alienare proprio quei fan che si erano innamorati della fiaba dark di Even e Odd.

Nei panni della regina Aleksandra, imprigionata nel Dado Nero dopo che i suoi poteri hanno corrotto l’intero regno di Random, il giocatore affronta corse isometriche tra biomi gotici, nemici inquietanti e reliquie da collezionare. Il tutto in cerca di redenzione, o forse solo di vendetta. In teoria, c'è una buona dose di potenziale drammatico: Aleksandra ha perso la sorella, ha spezzato un mondo, e ora affronta i fantasmi del suo passato. In pratica, però, la storia rimane sullo sfondo, un pretesto elegante ma trascurato.

 

 

Visivamente, The Eternal Die è ancora un gioiello di stile. I biomi sono quattro, ognuno con un’identità gotica distinta, tra castelli decadenti, cimiteri animati e fabbriche di sogni andati in frantumi. L’influenza burtoniana è sempre presente, ma meno dominante: la regia ora sembra cercare un equilibrio tra weird e dark, forse per adattarsi meglio alla struttura del roguelike. Resta comunque una gioia per gli occhi, con creature bizzarre e trovate visive che sorprendono anche dopo ore di gioco.

 

Due anime, un dado

 

Il cuore pulsante di The Eternal Die è il combattimento. E qui c'è da dire che lo studio svedese ha fatto centro. Ogni run è scandita da scontri rapidi, responsivi, soddisfacenti. Aleksandra inizia con una spada ma può presto sbloccare martello, lancia, arco: armi classiche, certo, ma ognuna dotata di ritmo e peso propri. La martellata lenta e pesante ha un sapore diverso rispetto all'agilità della lancia, e poter costruire una build personalizzata con potenziamenti tra una run e l'altra è una delle chicche meglio riuscite.

 

 

A condire il tutto, ci sono le reliquie: bonus passivi da incastrare su una plancia che ricorda da vicino un mini-gioco da tavolo. Se si riesce a collezionarne tre dello stesso colore, si ottiene un boost del 50% alle statistiche relative. L’idea è intelligente, perché spinge il giocatore a riflettere non solo su cosa equipaggiare, ma su come farlo. Nulla di rivoluzionario, ma tutto ben integrato nel sistema di progressione.

Il loop è solido e divertente. Ogni run dura il giusto, ogni morte non pesa troppo grazie ai miglioramenti permanenti e al senso tangibile di crescita. Gli NPC che si incontrano lungo il cammino tornano alla base, un santuario che funge da hub: uno potenzia le armi, un altro recupera lentamente i poteri della regina, un terzo consente di cambiare outfit. Sì, c'è anche il dress-up. Il team di sviluppo conosce bene la psicologia del giocatore roguelike, e sa come mantenere alta la voglia di dire “solo un’altra run e poi smetto”.

 

 

Eppure, qualcosa scricchiola.

Anzi, manca proprio. La narrativa.

Il primo Lost in Random era una favola dark che raccontava di crescita, di destino, di sorellanza. Seguivamo Even in un viaggio tanto fisico quanto emotivo, in un mondo in cui ogni zona rifletteva un aspetto diverso del potere del caso. La scrittura non era sempre perfetta, ma l'anima c'era. Qui, invece, si sente la mancanza di quella spinta narrativa. Aleksandra è un personaggio potenzialmente interessantissimo, ma troppo spesso lasciato a monologhi abbozzati o confronti fugaci. I personaggi che incontra non lasciano davvero il segno, e i dilemmi morali restano accennati.

È un problema di bilanciamento delle priorità. Il gioco decide consapevolmente di mettere il gameplay al centro, e ci riesce. Ma allora perché riportare in vita proprio l'universo di Lost in Random, così fortemente basato su atmosfera e narrazione, se poi quella parte viene sacrificata sull'altare della meccanica? Un mondo nuovo, una nuova IP, avrebbero forse reso il tutto più coerente. Così, invece, si ha la sensazione che parte dell’eredità originale sia stata travisata o dimenticata.

 

 

In conclusione

 

Capiamoci: non è che The Eternal Die non sia un buon gioco. Lo è, e a tratti è anche ottimo. Il combat loop funziona, il level design è solido, l’estetica affascina. Ma chi arriva qui sperando in un seguito spirituale e narrativo del primo episodio rischia di rimanere deluso. È un cambio di rotta netto, consapevole e ben realizzato, ma che inevitabilmente si porta dietro un senso di perdita. Ironico, per un gioco ambientato in un regno che del caso ha fatto legge. In definitiva, Lost in Random: The Eternal Die è una creatura diversa dal suo predecessore. Più snella, più agile, più letale. Meno toccante, meno profonda, meno memorabile sul piano emotivo. Se cercate un roguelike con un combat soddisfacente, una direzione artistica curata e abbastanza sorprese da tenervi incollati per decine di ore, è un acquisto consigliato. Se invece volevate tornare a perdervi in una fiaba strana e malinconica, forse questo dado non vale la pena di essere lanciato.

 

7.5Voto KotaWorld.it7Grafica7.5Gameplay8Ottimizzazione

 

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